Quando il gioco si fa duro
L’argomento di cui vi voglio parlare oggi è quello della dipendenza da gioco. Mi sono soffermata a riflettere ultimamente in maniera piuttosto approfondita su questa tematica grazie e a causa di un paziente che me ne ha parlato come di un suo grave problema.
Il caso di S.
S. è un uomo di 53 anni. La sua vita fino a qualche anno fa era decisamente più soddisfacente poiché aveva un buon lavoro che amava e che gli permetteva un tenore di vita abbastanza alto. Purtroppo S. si è fidato di una persona che gli ha venduto in maniera truffaldina un macchinario molto costoso ma non funzionante. In questo modo si è trovato a dover pagare una ingente somma di denaro per questo macchinario che non faceva il lavoro. Contemporaneamente, a S. viene diagnosticata una malattia degenerativa che lo porta a dover lasciare definitivamente il suo lavoro affidandosi soltanto alla pensione che gli passa lo stato. La sua famiglia è composta solo dalla moglie, con la quale ha un rapporto molto viscerale ma invischiante, in quanto si sono strutturati in una relazione a spirale in cui si incastrano l’un l’altro con i loro bisogni non soddisfatti, come ad esempio quello di avere un figlio.
La sintomatologia
La tendenza di S. a giocare è stata evidente fin dall’inizio del matrimonio, ma si è fortemente accentuata dopo la perdita del lavoro e l’avanzata della malattia. Sembrerebbe paradossale questo decorso della dipendenza da gioco, poiché è aumentata dopo che S. ha avuto minori possibilità finanziarie. In realtà la chiave di lettura di questo comportamento inversamente proporzionale è nella parola “dipendenza”. Infatti quando un comportamento diventa dipendente da… (gioco piuttosto che sostanza piuttosto che internet piuttosto che sesso), per definizione è un atteggiamento non soggetto alle leggi della forza di volontà e quindi non controllabile; inoltre assume solitamente un climax ascendente per cui cresce a dismisura autoalimentandosi. Il giocatore patologico non ha la capacità di mettersi un limite poiché non vede nel suo atteggiamento la componente di abuso o superamento del limite. Un po’ come nei casi di dipendenza da sostanze in cui il soggetto sente di poter smettere quando vuole. C’è poi un altro fattore determinante in questi casi, ossia la tendenza del soggetto a sfidare la sorte. Prendiamo in esame S.: la sua vita è stata tutta una dipartita nei confronti di quella che lui potrebbe definire malasorte. Prima il matrimonio che non ha visto il giusto coronamento a causa della mancanza di un figlio, poi la perdita del lavoro per una truffa fatta da un amico e la concomitante malattia, che oltre a danneggiarlo nella sfera lavorativa, lo ha reso deficitario nel corpo e con sempre maggiori difficoltà nella via quotidiana. Ecco allora che S. sente di volersi rifare dalla vita, utilizzando l’azzardo come veicolo di tale risarcimento, e i fattori cognitivi ed emotivi vengono completamente distorti.
Come intervenire
Come si può aiutare S. a uscire da questo impasse? Nel trattare questa problematica bisogna tenere in considerazione che la dipendenza da gioco è solo un sintomo di una personalità ben più vasta e complessa. Questo significa che tentare di trattare il sintomo in maniera quasi chirurgica non porta a reali benefici, in quanto verosimilmente se cancelliamo questo sintomo ne emergeranno di nuovi poiché il sintomo è un elemento di copertura nei confronti di lacerazioni più profonde della struttura di personalità. In termini semplici è come la punta di un iceberg, che, anche se limata, presenta sotto il livello di superficie una grande massa di ghiaccio pericolosa. E’ importante, quindi, in questi casi, organizzare un intervento terapeutico volto non alla eliminazione integrale e immediata del problema di superficie, quanto piuttosto alla presa in carico dell’individuo nella sua globalità, alleviando man mano la problematica parallelamente all’analisi profonda della personalità, così da raggiungere nel tempo la risoluzione e del sintomo e dei nodi emotivi che vi erano alla base.