TangoTerapia. Capitolo secondo
Dopo il primo articolo, eccoci al secondo appuntamento con il racconto di un’esperienza durata un anno in cui la psicoterapia e il tango hanno vissuto un connubio ricco e fertile.
Quello che presento oggi è l’idea così come si è andata strutturando nel tempo, con le basi teoriche di riferimento, e la formulazione finale del progetto.
Da cosa partire?
Come ho già detto nel precedente articolo, il lavoro si è strutturato nel tempo, oserei dire che si è autoalimentato, partendo da momenti tematici più semplici fino poi ad articolarsi in un progetto ben più complesso.
Antecedenti, quindi, a questa esperienza di cui sto scrivendo, sono alcune brevi esperienze che hanno costituito i presupposti da cui è stato possibile muoverci in questo terreno che era ancora inesplorato. Nello specifico la nostra proposta era un lavoro di breve durata in cui il gruppo che partecipava poteva sperimentare attraverso i primi rudimenti del Tango alcune esperienze emotive vissute nel gruppo e verificarne il parallelismo con la loro vita quotidiana. In questo lavoro, intenzionalmente poco approfondito dal punto di vista dei vissuti emotivi, si poteva però già gustare la ricchezza di possibilità insita in questo unione di Tango e psicoterapia.
In collaborazione con una collega, la Dott.ssa Anna Laura Burattini, che co-conduceva questi primi gruppi con me, abbiamo portato avanti tale esperienza per circa un paio d’anni. Le tematiche che venivano trattate nei pochi incontri erano:
– Centratura e percezione di sé
– Incontro con l’altro e relazione
– Socializzazione
– Mondo emotivo
– Importanza del gioco.
Chi balla il tango sa che questi concetti sono presenti nel modo in cui si balla, nella struttura sociale del tango, nelle regole che ordinano le milonghe. Gli stessi argomenti di cui sovente mi trovo a parlare, analizzare e risolvere nel setting terapeutico insieme ai miei pazienti.
Parallelamente, altro fattore rilevante e precedente il lavoro vero e proprio, è stata l’osservazione diretta e il contatto umano con un malato di Parkinson che ha deciso di sperimentare il lavoro con il tango abbinato all’analisi psichica, situazione che mi ha dato modo di riflettere sulla possibile validità del lavoro anche con persone affette da questa patologia.
Elementi teorici di riferimento
Naturalmente la base teorica di riferimento è stata la mia formazione, ovvero la Teoria Biosistemica, che costituisce una piattaforma fondamentale per questo lavoro. Chi mi conosce e mi segue da tempo anche attraverso i miei articoli conosce questa formula, per tutti gli altri ne darò un breve accenno (chi vuole saperne di più può contattarmi o consultare le pagine principali del mio sito).
L’orientamento Biosistemico nasce dagli studi dello Psichiatra Psicoterapeuta Americano Jerome Liss. Il suo approccio terapeutico è influenzato dall’attiva collaborazione con Henry Laborit (Neurofisiologia delle Emozioni), Ronald Laing (Psichiatria Fenomenologica) e David Boadella (Modello Embriologico). Tale approccio comporta un continuo e costante processo di approfondimento, ricerca e verifica degli interventi svolti al fine della loro validazione tecnico-scientifica.
In tale prospettiva l’origine sistemica permette di integrare e connettere processi corporei e mentali, così da crearne di nuovi, caratterizzati da un’organizzazione in cui tutte le parti sono in connessione tra di loro. In tal modo è possibile intervenire non solo sulle dinamiche individuali ma anche su strutture più complesse, come le relazioni familiari, o quelle professionali, fino a trattare questioni riguardanti gruppi e comunità.
L’attenzione del terapeuta è al soggetto nella sua interezza mente-corpo. Di conseguenza il corpo è in primo piano in quanto sede delle emozioni, dei blocchi psicoemotivi e delle risorse dell’individuo. Quindi il corpo, con tutte le sue espressioni (respiro, movimento, staticità, ecc.), diventa strumento terapeutico.
Il corpo del progetto
Da queste premesse nasce, nel 2011, il progetto TangoTerapia vero e proprio: un nuovo approccio alla psicoterapia corporea tramite l’utilizzo del Tango-danza.
Ho preso in esame due tipologie di persone molto diverse: da una parte, un primo target era costituito da persone affette da Morbo di Parkinson. Con tale gruppo di utenti ho suddiviso il lavoro in più fasi:
- ricerca di strutture e associazioni rivolte alla tutela e cura dei malati di Parkinson;
- iniziale screening di selezione dei malati attraverso una “analisi della domanda” allo scopo di fare emergere e quantificare il livello di motivazione alla partecipazione al gruppo di lavoro, conditio sine qua non per intraprendere tale attività sperimentale;
- strutturazione del calendario degli incontri con due lezioni a settimana, della durata di un’ora, tenendo conto della durata degli effetti dei farmaci così da permettere ai pazienti di lavorare nelle migliori condizioni possibili;
- effettuazione di un’intervista ad ogni singolo utente, a cadenza quindicinale, allo scopo di valutare la percezione personale dei pazienti della propria evoluzione fisica e di benessere emotivo. Tale sviluppo poteva essere determinato da più fattori: la partecipazione alla lezione di ballo, la frequentazione di un gruppo di lavoro, l’aumentato controllo dei propri movimenti nonché dalla maggiore facilità nell’eseguirli, o l’insieme di tutti questi elementi;
- tentativo di coinvolgimento dei familiari dei pazienti allo scopo di contenere l’emarginazione sociale e familiare cui questi malati inevitabilmente vanno incontro;
- screening di valutazione finale dei risultati ottenuti attraverso la comparazione dell’ “analisi della domanda” iniziale, con il raggiungimento degli obiettivi prefissati da ognuno.
Il secondo target era costituito da un gruppo di utenti volontari normodotati. In questo caso, il lavoro, benchè analogo, aveva delle differenziazioni insite nella natura stessa dei partecipanti non fisicamente compromessi:
- iniziale screening di selezione dei partecipanti, attraverso una “analisi della domanda”;
- strutturazione del calendario degli incontri con una lezione di Tango a settimana, della durata di un’ora e mezzo. A conclusione di ogni incontro si apriva la seconda parte dedicata all’analisi psichica: in questo contesto si dischiudeva lo spazio, partendo dal lavoro fisico, per andare ad analizzare le emozioni emerse nel singolo;
- valutazione del livello di motivazione a partecipare al gruppo, di ogni singolo utente;
- screening di valutazione finale dei risultati ottenuti attraverso la comparazione dell’ “analisi della domanda” iniziale, con il raggiungimento degli obiettivi prefissati da ognuno.
Il mio scopo era quello di sperimentare con queste persone quanto il livello di percezione del proprio benessere poteva essere influenzato dall’emotività, emersa e analizzata, che il tango inevitabilmente suscita.
Nel prossimo articolo entrerò più nel dettaglio anche con l’ausilio di alcuni pensieri che taluni partecipanti hanno voluto rilasciarmi. Le scoperte sono state tante e tutte entusiasmanti e anche per me è stata una grande fonte di apprendimento.
Non mancate al prossimo appuntamento!